Jil Hammock

(Jil Hammock - 6/6/2017)

Ad inizio gennaio del 2017 mi trovavo a Degache, il mio paese d'origine (Sud Ovest della Tunisia), per partecipare ad una gara d'appalto pubblico per la costruzione di un piccolo centro turistico-artigianale a Tozeur. Il luogo, molto bello e suggestivo, era vicino al laghetto di Chemsa in mezzo al deserto. Purtroppo perdemmo l'appalto a causa di un errore di valutazione, non attribuibile a me come progettista, ma all'impresa di costruzione che aveva chiesto un costo giudicato elevato dalla commissione d'appalto.


Laghetto di Chemsa (Tozeur)


Jil al laghetto di Chemsa (Tozeur) - 12/3/2017 - 18:20


Progetto della Galleria Interamente basato sull'uso di cupole e volte catenarie - Marzo 2017

Per me fu un altro brutto scherzo della vita e, quella volta, la presi proprio male perché, prima l'anno precedente, avevo perso una grande opportunità di lavoro in Kazakistan. Si trattava del Progetto Cassiopea al quale avevo dedicato questo articolo.

La delusione fu talmente forte, al punto di farmi pensare di abbandonare definitivamente anche un piccolo progetto industriale che avevo iniziato. Si trattava di una piccola industria per la produzione di mattoni, senza cottura, che sarebbero serviti per la costruzione del complesso turistico. In effetti, la perdita di quella gara d'appalto aveva reso molto difficile trovare il modo di finanziare il progetto industriale.

Malgrado tutta la delusione e l'amarezza del momento, avevo deciso di rimanere e non arrendermi cercando qualche altra nuova opportunità.

La mia nuova abitazione non era una casa vera e propria, ma un asilo nido per bambini con quattro cortili. Quello principale era il più grande ed interessante perché raggiungibile direttamente dall'ingresso, dalla sala e dalla cucina. Aveva tre esposizione, Sud, Nord ed Ovest. Prendeva il Sole quasi tutto il giorno, tranne la mattina presto.

In quel cortile, facevo la colazione e lavoravo, scrivendo e progettando, finché ci potevo stare. Il pomeriggio lo passavo nel cortile dietro casa che era orientato verso Est. La sera, invece, la passavo nel grande cortile di nuovo finché ci potevo stare.

Con l'arrivo della stagione calda, cioè da metà maggio fino a metà ottobre, è del tutto normale passare una buona parte della notte, se non tutta, a all'aria aperta. A me piace tanto dormire sotto il cielo stellato. Mi fa ricordare la mia infanzia, quando tutta la famiglia dormiva all'aperto da maggio fino ad ottobre. Mi piaceva tanto quella infanzia vissuta al naturale.

Portare il letto nel cortile la sera, poi riportare la mattina nella camera da letto era un'operazione molto scomoda. Mi serviva una soluzione più pratica. Inizialmente, avevo pensato di comprare una branda, ma cambiai subito idea a favore di un'amaca che, secondo me, dato il contesto, era la soluzione ideale.

L'uso delle amache non fa parte della nostra cultura. Non usano e non si trovano. Poi, farmi arrivare una da qualche parte è abbastanza difficoltoso. Qui, Amazon non è ancora arrivato, figuriamoci nel 2017. Perciò, l'unica soluzione era di costruirla da sola. Così, pochi giorni dopo avevo costruito la prima e quella fu solo l'inizio. Un paio di settimane più tardi, ero convinto di aver imparato un nuovo mestiere, semplice, utile, divertente e sempre aperto per nuove sperimentazioni.

Ad inizio giugno, avevo già costruito sei amache, tutte diverse. Le ultime tre erano belle, solide e funzionali. Esattamente come le desideravo. Ero contentissimo del mio operato. Le avevo sistemate a casa in questo modo: quella tessuta con il triplice nodo maya l'aveva messa nella sala ed aveva un supporto in legno appositamente costruito. Le altre due in stoffa, una nel cortile grande e l'altra nel cortile piccolo. Così, durante la giornata e la notte passavo da una all'altra e, raramente, dormivo sul letto.

Finì di costruire il supporto dell'amaca a triplice nodo maya il 6 giugno 2017, praticamente il giorno del D-Day. Fu una pura coincidenza che interpretai in modo del tutto positivo basandomi sul principio della sincronicità. Cioè, quella operazione aveva il significato di un nuova era per me. Ero molto contento e soddisfatto del mio lavoro. No capivo come avevo fatto ad arrivare a quei risultati in così pochi giorni. Non la minima esperienza di fare cose del genere. In più, ho sempre odiato di fare lavori manuali e li facevo solo per assoluta necessità. Per un attimo pensai di chiamarla "D-Day", poi avevo preferito un nome originale che facesse riferimento a me, appunto "Jil Hammock", cioè, l'amaca di Jil.

A fine maggio, avevo finito la bozza di un libro sull'Islam che avevo finito qualche mese dopo, ma non l'avevo mai pubblicato. Si intitolava "Da 1400 anni" e raccontava, dal punto di vista storico, le violenze perpetuate a nome di Allah.

Qualche giorno dopo, parlando con un amico intimo del libro, egli rimase molto stupito del fatto, perché sapeva che non ero mai stato interessato a cose del genere. Perciò, mi aveva suggerito vivamente di non farlo, perché mi avrebbe procurato inutilmente qualche guaio da parte di qualche estremista. Ma di fronte alla mia insistenza, mi aveva consigliato di pubblicarlo con un falso nome. L'idea mi piacque molto e, così, appena tornato a casa, mi misi alla ricerca di un nome e cognome al fantomatico autore.

Il nome era ovvio e poteva essere solo "Jil" perché è breve, generico e suona bene. Ma non riuscivo a trovare subito un buon cognome che si abbini bene con "Jil". Per cercare di trovare velocemente una soluzione, avevo preso un foglio di carta sul quale avevo riempito una colonna col il nome "Jil", affiancato da un cognome di fantasia, così come mi veniva in mente. Questa prima operazione la feci mentre stavo sull'amaca dentro la sala. Poi, ero sceso e, camminando per la sala, leggevo nome e cognome per tre volte ad alta voce per sentire l'effetto che mi faceva quella combinazione di nome e cognome. Alla fine, nessuno di quei cognomi mi convinceva. Pensavo di dovere allungare ulteriormente la lista.

Ad un tratto, mi ero trovato perfettamente di fronte al supporto dell'amaca con la scritta "JilHammock", come appare esattamente nella foto. Avevo sentito i brividi a leggere ad alta voce quelle due parole messe insieme. Oh! Che bel nome! Questo è. E la ricerca finì proprio lì. Poi subito mi ero detto: no, calma. Quel nome è il mio. Così, alla fine lo avevo condiviso con l'amaca. Così, da quel momento, "Jil Hammock" divenne il mio nome d'arte, mentre "JilHammock" è il nome dell'amaca. Ci distingue solamente uno spazio.

Au revoir!
Jil Hammock


Ultima modifica: 20 Giugno 2024